Paolo Borsellino… La vita… La storia…
Paolo Borsellino |
....... le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la
bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso
morale, della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Paolo Borsellino
CITAZIONI
Ø Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad
amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per
poterlo cambiare.
Ø Siamo uomini morti che camminano.
Ø Devo fare in fretta, perché adesso tocca a
me.
Ø Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta
della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che
materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno
altri.
Ø L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si
dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di
avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura
non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo
discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di
carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche
gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire
quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del
genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni
disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia,
dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi
che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella
gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si
è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato
condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di
gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le
prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno,
indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto
essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti
coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se
non costituenti reati.
Ø Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura
muore una sola volta.
Ø C'è un equivoco di fondo. Si dice che il politico
che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla
magistratura, è un uomo onesto. No! La magistratura può fare solo accertamenti
di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli
uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali.
Ø Politica e mafia sono due poteri che vivono sul
controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d'accordo.
Ø A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio
l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato.
Ø E’ normale che esista la paura in ogni uomo,
l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare
dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.
Ø La lotta alla mafia! Il primo problema da risolvere
nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una
distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che
coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a
sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il
puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi
della complicità.
Ø Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in
televisione, sui giornali. Però parlatene!
Ø Se la gioventù le negherà il consenso, anche
l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.
PREFAZIONE
Paolo Emanuele Borsellino (Palermo,
19.01.1940 – Palermo, 19.07.1992) è stato un Magistrato.
Non a caso magistrato con la M
maiuscola, Borsellino è considerato
uno fra gli eroi simbolo della lotta alla mafia in Italia e a livello
internazionale assieme a Giovanni Falcone di cui fu amico e collega.
Venne assassinato con alcuni uomini della scorta nella strage di via D’Aamelio
ad opera di cosa nostra.
Figlio di Diego Borsellino e di
Maria Pia Lepanto, Paolo Emanuele Borsellino nacque a Palermo nel quartiere
popolare La Kalsa, in cui vivevano tra gli altri anche Giovanni falcone e Tommaso
Buscetta. La famiglia di Paolo era composta dalla sorella maggiore Adele, dal
fratello minore Salvatore e dall'ultimogenita Rita.
Dopo aver frequentato le scuole dell'obbligo Borsellino si iscrisse al
liceo classico "Giovanni Meli" di Palermo. Durante gli anni del liceo
diventò direttore del giornale studentesco "Agorà".
L'11 settembre 1958 si iscrisse
a Giurisprudenza a Palermo con numero di matricola 2301. Dopo una rissa tra
studenti "neri" e "rossi" finì erroneamente anche lui di
fronte al magistrato Cesare Terranova, cui dichiarò la propria estraneità ai
fatti. Il giudice sentenziò che Borsellino non era implicato nell'episodio.
Proveniente da una famiglia con
simpatie politiche di destra, nel 1959 si iscrisse al Fronte Universitario
d’Azione Nazionale, organizzazione degli universitari missini di cui divenne
membro dell'esecutivo provinciale, e fu eletto come rappresentante studentesco
nella lista del FUAN "Fanalino" di Palermo.
Il 27 giugno 1962, all'età di
ventidue anni, Borsellino si laureò
con 110 e lode con una tesi su "Il fine dell'azione delittuosa"
con relatore il professor Giovanni Musutto. Pochi giorni dopo, a causa di una
malattia, suo padre morì all'età di cinquantadue anni. Borsellino si impegnò
allora con l'ordine dei farmacisti a mantenere attiva la farmacia del padre
fino al raggiungimento della laurea in farmacia della sorella Rita, che si
laureò nel 1967 e il primo stipendio da magistrato di Paolo servì a pagare la
tassa governativa. Durante questo periodo la farmacia fu data in gestione per
un affitto bassissimo, 120.000 lire al mese e la famiglia Borsellino fu
costretta a gravi rinunce e sacrifici. A Paolo fu concesso l'esonero dal
servizio militare poiché egli risultava "unico sostentamento della
famiglia".
Il 23 dicembre 1968 sposò Agnese
Piraino Leto, figlia del fu magistrato e presidente del tribunale di
Palermo, Angelo Piraino Leto. Dalla moglie Agnese ebbe tre figli: Lucia, nata
nel 1969, Manfredi nato nel 1972 e Fiammetta nata nel 1973.
BIOGRAFIA
Le caratteristiche della
caparbietà, dell'allegria e della passione per il suo lavoro fanno di
Borsellino una persona speciale, un esempio, capace di trasmettere dei valori
positivi per le generazioni future. La triste tragedia del suo assassinio, come
quella dell'amico e collega Giovanni Falcone, non va dimenticata per il
semplice fatto che deve ancora essere raggiunto l'obiettivo di una vita:
sconfiggere la mafia.
Paolo Borsellino nasce a Palermo
il 19 gennaio 1940 in una famiglia borghese, nell'antico quartiere di
origine araba della Kalsa. Entrambe i genitori sono farmacisti. Frequenta il
Liceo classico "Meli" e si iscrive presso la facoltà di
Giurisprudenza di Palermo: all'età di 22 anni consegue la laurea con il massimo
dei voti.
Membro dell'esecutivo provinciale, delegato al congresso provinciale,
nel periodo universitario Paolo Borsellino viene anche eletto come
rappresentante studentesco nella lista del Fuan Fanalino.
Pochi giorni dopo la laurea
subisce la perdita del padre. Prende così sulle sue spalle la
responsabilità di provvedere alla famiglia. Si impegna con l'ordine dei
farmacisti a tenere l'attività del padre fino al conseguimento della laurea in
farmacia della sorella. Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino
studia per il concorso in magistratura che supera nel 1963. L'amore per la sua
terra, per la giustizia gli danno quella spinta interiore che lo porta a
diventare magistrato senza trascurare i doveri verso la sua famiglia. La
professione di magistrato nella città di Palermo ha per lui un senso profondo.
Nel 1965 è uditore giudiziario
presso il tribunale civile di Enna. Due anni più tardi ottiene il primo
incarico direttivo: Pretore a Mazara del Vallo nel periodo successivo al
terremoto.
Si sposa alla fine del 1968, e
nel 1969 viene trasferito alla pretura di Monreale dove lavora in stretto
contatto con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile.
E' il 1975 quando Paolo
Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo; a luglio entra
all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il
Capitano Basile lavora alla prima indagine sulla mafia: da questo momento
comincia il suo grande impegno, senza sosta, per contrastare e sconfiggere
l'organizzazione mafiosa.
Nel 1980 arriva l'arresto dei
primi sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile viene ucciso in un
agguato. Per la famiglia Borsellino arriva la prima scorta con le difficoltà
che ne conseguono. Da questo momento il clima in casa Borsellino cambia: il
giudice deve relazionarsi con i ragazzi della scorta che gli sono sempre a
fianco e che cambieranno per sempre le sue abitudini e quelle della sua
famiglia.
Borsellino, magistrato "di ottima intelligenza, di
carattere serio e riservato, dignitoso e leale, dotato di particolare
attitudine alle indagini istruttorie, definisce mediamente circa 400
procedimenti per anno" e negli
anni si distingue "per
l'impegno, lo zelo, la diligenza, che caratterizzano la sua opera". Per questi e altri lusinghieri
giudizi a Borsellino viene conferita la nomina a magistrato d'appello con
deliberazione in data 5 marzo 1980, dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Anche nei periodi successivi continua a svolgere le sue funzioni presso
l'ufficio d'istruzione del Tribunale, dando ulteriore, luminosa dimostrazione
delle sue qualità, veramente eccezionali, di magistrato e, particolarmente, di
giudice inquirente.
Viene costituito un pool che
comprende quattro magistrati. Falcone,
Borsellino e Barrile lavorano uno a fianco all'altro, sotto la guida di Rocco Chinnici. E' nei giovani la forza
su cui contare per cambiare la mentalità della gente e i magistrati lo sanno.
Vogliono scuotere le coscienze e sentire intorno a sé la stima della gente.
Sia Giovanni Falcone sia Paolo
Borsellino hanno sempre cercato la gente. Borsellino comincia a promuovere
e a partecipare ai dibattiti nelle scuole, parla ai giovani nelle feste
giovanili di piazza, alle tavole rotonde per spiegare e per sconfiggere una
volta per sempre la cultura mafiosa.
Fino alla fine della sua vita,
Borsellino nel tempo che gli rimane dopo il lavoro, cercherà di incontrare
i giovani, di comunicargli questi nuovi sentimenti e di renderli protagonisti
della lotta alla mafia.
Si chiede la promozione di pool di giudici inquirenti,
coordinati tra loro ed in continuo contatto, il potenziamento della polizia giudiziaria, l'istituzione di nuove regole per la scelta dei giudici
popolari e di controlli bancari
per rintracciare i capitali mafiosi. I magistrati del pool pretendono l'intervento dello stato perché si rendono conto che il
loro lavoro, da solo, non basta.
L'encomio richiesto che non
arriverà. Chinnici scrive una lettera al presidente del tribunale di
Palermo per sollecitare un encomio nei confronti di Paolo Borsellino e Giovanni
falcone, utile per eventuali incarichi direttivi futuri.
Il dramma. Il 4 agosto 1983 viene ucciso il giudice Rocco
Chinnici con un'autobomba. Borsellino è distrutto: dopo Basile anche Chinnici viene strappato alla vita. Il leader del
pool, il punto di riferimento, viene a mancare.
A sostituire Chinnici arriva a
Palermo il giudice Caponnetto e il pool, sempre più affiatato continua
nell'incessante lavoro raggiungendo i primi risultati.
Nel 1984 viene arrestato Vito
Ciancimino e si pente Tommaso Buscetta: Borsellino sottolinea in ogni
momento il ruolo fondamentale dei pentiti nelle indagini e nella preparazione
dei processi.
Comincia la preparazione del
Maxiprocesso e viene ucciso il commissario Beppe Montana. Ancora sangue,
per fermare le persone più importanti nelle indagini sulla mafia e l'elenco dei
morti è destinato ad aumentare. Il clima è terribile: Falcone e Borsellino vengono immediatamente trasferiti all'Asinara
per concludere le memorie, predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi.
All'inizio del maxiprocesso
l'opinione pubblica inizia a criticare i magistrati, le scorte e il ruolo
che si sono costruiti.
Conclusa la monumentale
istruttoria del primo maxi-processo all'organizzazione criminale denominata
"Cosa Nostra" insieme al
collega Giovanni Falcone, unitamente al dott. Leonardo Guarnotta e al dott.
Giuseppe Di Lello-Filinoli, Paolo
Borsellino chiede il trasferimento
alla Procura della Repubblica presso il Tribunale
di Marsala per ricoprire l'incarico di Procuratore
Capo. Il CSM, con una decisione
storica e non priva di strascichi polemici accoglie
la relativa istanza sulla base dei soli meriti professionali e
dell'esperienza acquisita da Paolo Borsellino negando per la prima volta
validità assoluta al criterio dell'anzianità.
Borsellino vive in un
appartamento nella caserma dei carabinieri per risparmiare gli uomini della
scorta. In suo aiuto arriva Diego
Cavaliero, magistrato di prima nomina, lavorano tanto e con passione.
Borsellino è un esempio per il giovane Cavaliero. Teme che la conclusione del
maxiprocesso attenui l'attenzione sulla lotta alla mafia, che il clima scemi e
si torni alla normalità e per questo Borsellino cerca la presenza dello Stato,
incita la società civile a continuare le mobilitazioni per tenere desta
l'attenzione sulla mafia e frenare chi pensa di poter piano piano ritornare
alla normalità.
Il clima comincia a cambiare:
il fronte unico che aveva portato a grandi vittorie della magistratura
siciliana e che aveva visto l'opinione pubblica avvicinarsi agli uomini in
prima linea e stringersi intorno a loro, comincia a cedere.
Nel 1987 Caponnetto è costretto
a lasciare la guida del pool a causa di motivi di salute. Tutti a Palermo attendono la nomina di Giovanni
Falcone al posto di Caponnetto, anche Borsellino è ottimista. Il CSM non è
dello stesso parere e si diffonde il terrore di veder distruggere il pool.
Borsellino scende in campo e comincia una vera e propria lotta politica: parla
ovunque e racconta cosa stia accadendo alla procura di Palermo; sui giornali,
in televisione, nei convegni, continua a lanciare l'allarme. A causa delle sue
dichiarazioni Borsellino rischia il provvedimento disciplinare. Solo il Presidente della Repubblica Francesco
Cossiga interviene in suo appoggio chiedendo di indagare sulle
dichiarazioni del magistrato per accertare cosa stia accadendo nel palazzo di
giustizia di Palermo.
Il 31 luglio il CSM convoca
Borsellino che rinnova le accuse e le sue perplessità. Il 14 settembre il
CSM si pronuncia: è Antonino Meli, per anzianità, a prendere il posto che tutti
aspettavano per Giovanni Falcone.
Paolo Borsellino viene
riabilitato, torna a Marsala e riprende a lavorare. Nuovi magistrati
arrivano a dargli una mano, giovani e, a volte di prima nomina. Il suo modo di
fare, il suo carisma ed i suo impegno in prima linea è contagioso; lo
affiancano con lo stesso fervore e con lo stesso coraggio nelle indagini su
fatti di mafia. I pentiti cominciano a parlare: prendono forma le indagini su
connessioni tra mafia e politica. Paolo Borsellino è convinto che per
sconfiggere la mafia i pentiti abbiano un ruolo fondamentale. E' tuttavia
convinto che i giudici debbano essere attenti, controllare e ricontrollare ogni
dichiarazione, ricercare i riscontri ed intervenire solo quando ogni fatto sia
provato. L'opera è lunga e complicata ma i risultati non tarderanno ad
arrivare.
Da questo momento gli attacchi a
Borsellino diventano forti ed incessanti. Le indiscrezioni su Falcone e
Borsellino sono ormai quotidiane; si parla di candidature alla Camera o alla
carica di Sindaco. I due magistrati smentiscono ogni cosa.
Comincia intanto il dibattito
sull'istituzione della Superprocura e su chi porre a capo del nuovo
organismo. Falcone, intanto, va a Roma come direttore degli affari penali e
preme per l'istituzione della Superprocura. Si sente la necessità di
coinvolgere le più alte cariche dello stato nella lotta alla mafia. La magistratura
da sola non può farcela, con Falcone a Roma si ha un appoggio in più: Borsellino decide di tornare a Palermo,
lo seguono il sostituto Ingroia e il
maresciallo Canale.
Maturati i requisiti per essere
dichiarato idoneo alle funzioni direttive superiori - sia requirenti che
giudicanti - pur rimanendo applicato alla Procura della Repubblica di Marsala Paolo Borsellino chiede e ottiene di essere
trasferito alla Procura della Repubblica di Palermo con funzioni di
Procuratore Aggiunto. Grazie alle sue indiscusse capacità investigative, una
volta insediatesi presso la Procura di Palermo alla fine del 1991, è delegato
al coordinamento dell'attività dei Sostituti facenti parte della Direzione
Distrettuale Antimafia.
I Magistrati, con l'arrivo di
Borsellino trovano nuova fiducia.
A Borsellino vengono tolte le
indagini sulla mafia di Palermo dal procuratore Giammanco, e gli vengono
assegnate quelle di Agrigento e Trapani. Ricomincia a lavorare con l'impegno e
la dedizione di sempre. Nuovi pentiti, nuove rivelazioni confermano il legame
tra la mafia e la politica, riprendono gli attacchi al magistrato e lo sconforto
ogni tanto si manifesta.
A Roma viene finalmente
istituita la superprocura e vengono aperte le candidature; Falcone è il
numero uno ma, anche questa volta, sa che non sarà facile. Borsellino lo
sostiene a spada tratta sebbene non fosse d'accordo sulla sua partenza da
Palermo. Il suo impegno aumenta quando viene resa nota la candidatura di
Cordova. Borsellino esce allo scoperto, parla, dichiara, si muove: è di nuovo
in prima linea. I due magistrati lottano uno a fianco all'altro, temono che la
superprocura possa divenire un arma pericolosa se in possesso di magistrati che
non conoscono la mafia siciliana.
Nel Maggio 1992 Giovanni Falcone
raggiunge i numeri necessari per vincere l'elezione a superprocuratore. Borsellino
e Falcone esultano, ma il giorno
dopo nell'atto tristemente noto come la
"strage di Capaci", Giovanni
Falcone viene ucciso insieme alla moglie.
Paolo Borsellino soffre molto,
il legame che ha con Falcone è speciale.
Dalle prime indagini nel pool, alle serate insieme, alle battute per
sdrammatizzare, ai momenti di lotta più dura quando insieme sembravano
"intoccabili", al periodo forzato all'Asinara fino al distacco per
Roma. Una vita speciale, quella dei due amici-magistrati, densa di passione e
di amore per la propria terra. Due caratteri diversi, complementari tra loro,
uno un po' più razionale l'altro più passionale, entrambi con un carisma, una
forza d'animo ed uno spirito di abnegazione esemplari.
A Borsellino viene offerto di
prendere il posto di Falcone nella candidatura alla superprocura, ma rifiuta. Resta a Palermo, nella
procura dei veleni, per continuare la lotta alla mafia, diventando sempre più
consapevole che qualcosa si è rotto e che il suo momento è vicino.
Vuole collaborare alle indagini
sull'attentato di Capaci di competenza della procura di Caltanissetta. Le
indagini proseguono, i pentiti aumentano e il giudice cerca di sentirne il più
possibile. Arriva la volta dei pentiti
Messina e Mutolo, ormai Cosa Nostra
comincia ad avere sembianze conosciute. Spesso i pentiti hanno chiesto di
parlare con Falcone o con Borsellino perché sapevano di potersi fidare, perché
ne conoscevano le qualità morali e l'intuito investigativo. Continua a lottare
per poter avere la delega per ascoltare il pentito Mutolo. Insiste e alla fine
il 19 luglio 1992 alle 7 di mattina Giammanco gli comunica telefonicamente che
finalmente avrà quella delega e potrà ascoltare Mutolo.
Lo stesso giorno Borsellino si
reca a Villagrazia per rilassarsi. Si distende, va in barca con uno dei
pochi amici rimasti.
E' il 19 luglio 1992, dopo
pranzo torna a Palermo per accompagnare la mamma dal medico: l'esplosione di un'autobomba sotto la casa
di via D'Amelio strappa la vita al giudice Paolo Borsellino e agli uomini
della sua scorta… Con il giudice perdono
la vita gli agenti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter
Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna poliziotto a essere uccisa
in un attentato di mafia.
L'intervista nascosta (integrale)
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